Fabio Aguzzi: Sogni Veneziani, Asiago
Perché dipingere Venezia
Dostojewsky diceva che la sua dannazione nasceva dall'impotente e precisa sensazione di mettere sulla pagina solo una minima parte di quello che aveva dentro, La stessa frustrazione la si prova dipingendo Venezia: si riesce solo a dipingere qualche piccola goccia dell'immenso mare di emozioni che ne sgorgano. Come dipingere il rumore dell'acqua o lo scivolare lento di una gondola, il colore sfatto di certe pietre, l'odore di salmastro o di fritto tipico di Castello o Cannaregio? Come dipingere la silenziosa nebbia invernale o la rutilante luce di certe facciate sotto la pioggia? Ma è soprattutto la musica della città a coinvolgere le tue emozioni, non parlo della musica di Vivaldi o Monteverdi, ma del parlottio, del brusio del vocio che si perde in calli e campi. Come dipingere il primo albeggiare con la città spoglia di turisti dove si riesce a rubare il sorgere della luce? Ti emoziona come il cogliere le grazie di una bella .
Venezia è una città dono degli Dei e forse è destinata a sparire ed a disfarsi nell'aria e nella luce, a fondersi in un solo colore, quel grigio singolare che la unirà per sempre alla laguna.
Venezia è la città dei tempi rallentati e grazie a questo vi si può ancora cogliere l'atmosfera impastata di luce e tenue nebbia che vi colse Turner. A Venezia brillano ancora le maschere e le trine che ti trasportano nella pittura del Longhi e dei suoi carnevali. E nel carnevale non mancano mai i simboli della morte da cui esso si esorcizza e ritorna alla vita e la riflette come uno specchio deformante.
Fabio Aguzzi